Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Trento, 28 novembre 2014 I sinti e i rom che vivono sul territorio provinciale chiedono l’attuazione delle micro-aree. Ai loro occhi, siamo tutti «gagè». Ergo, non zingari, né rom né sinti. Il1 viaggio nell’universo gitano inizia così, con un cambiamento di prospettiva e la scoperta di una lingua nuova. A inseguire il mescolio delle culture sono i consiglieri comunali di Trento, Lucia Coppola, Verdi, e Giuliano Pantano, Rifondazione Comunista, che hanno promosso il convegno «Sinti e Rom incontro con la Città» per «dare voce a una realtà di cui si parla poco e male», sottolineano. Una realtà che, nel solo campo sosta di Ravina, coinvolge quasi cento persone, mentre altrettante dovrebbero essere le cosiddette «abusive» (e dunque difficilmente censibili) stanziate su tutto il territorio provinciale, con le concentrazioni maggiori riscontrate tra Trento, Rovereto e Tione. «Persone, come noi: uomini e donne con doveri, certo, ma anche diritti. A cui troppo spesso si evita di rispondere, mentre qualsiasi fenomeno dovrebbe essere regolato. Non ghettizzato, come vorrebbero certe parti politiche», affondano i consiglieri. Di ghettizzazione e pregiudizio, nella sala Falconetto di palazzo Geremia, in effetti, sono in tanti a parlare. Tra loro, Manuel, sinto di Rovereto, che confida: «Ero andato ad abitare con mia moglie in una casa che mi era stata regolarmente assegnata dal Comune, ma non siamo mai stati accettati, anzi. Ci hanno accolto con cori razzisti e raccolte firme contro di noi. Alla fine, siamo andati via. Meglio tornare nel campo, con gli altri, che vivere da fantasmi». Ed è proprio per rispondere a storie come questa che i consiglieri da anni chiedono l’attuazione del piano provinciale per la residenzialità che, approvato nel 2009,è rimasto lettera morta. Se il piano entrasse in vigore, sul territorio trentino verrebbero realizzate delle vere e proprie microaree con alloggi ad hoc, provviste di tutti i servizi essenziali, come luce e gas. Ogni area potrebbe ospitare 30 persone, almeno due di loro, secondo quanto previsto dal regolamento, dovrebbero lavorare, mentre tutti i bambini dovrebbero essere scolarizzati. Dopotutto, proprio la scolarizzazione sembra essere uno dei segnali di nuova apertura delle comunità rom. A leggere i dati 2013-2014, infatti, si apprende che nelle scuole trentine sono più di 70 rom iscritti, mentre solo cinque non avrebbero frequentato la scuola dell’obbligo. «Ciò dimostra che la voglia di integrazione esiste e va perseguita. Con le microaree si innescherebbe un percorso di civiltà positivo che oggi è già attivo in molti altri centri, come la vicina Bolzano, ma anche a Pisa o a Reggio Emilia», ha spiegato Gian Luca Magagni, presidente Aizo, Assodazione italiana zingari oggi, sezione Trentino. «Veniamo da quattro anni di battaglie che non hanno portato a nulla. Speriamo che l’assessore Borgonovo Re mantenga quanto promesso», ha rincarato Magnani, facendo riferimento alla recente visita dell’assessore provinciale con la responsabile per le politiche sociali di Trento, Maria Chiara Franzoia, proprio nel centro sinti di Bolzano. «È un modello che funziona, dimostrazione di quanto la mediazione culturale sia importante. La politica ha troppo spesso parlato e illuso, ma siamo certi che oggi Trento sia pronta a mettere in campo un cambiamento culturale radicale», ha promesso Franzoia, ricordando l’importanza dell’operato della cooperativa Kaleidoscopio, la cui convenzione con il Comune per l’accompagnamento educativo delle comunità rom e sinti scadrà a fine anno e sul cui rinnovo aleggiano ancora molte ombre.
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LUCIA COPPOLA
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